
Se un caffè vanta una varietà di aromi non è detto che si presenti bilanciato nelle sue parti solubili, dove la consistenza data dalle particelle all’interno del liquido ne caratterizza la densità. Marco Bazzara, dell’omonima azienda, fa riferimento alla concentrazione, dove ad alti livelli percepiti la sensazione acre tende a coprire la parte aromatica, pre e post deglutizione, assieme a quella gustativa.
Un caffè che non ‘pesa’ in bocca può essere indicatore di una cattiva lavorazione, come di conservazione ed estrazione poco accurate. Si percepirà debole e acquoso, compromettendo qualità e finezza; un caffè morbido e setoso crea nel cavo orale una sensazione simile a quella derivante dalla masticazione di un cioccolato con ripieno liquoroso. La sensazione che ne scaturisce crea avvolgenza e non asciuga la bocca (dopo che si è sciolto in deglutizione).
Un caffè, così come si presenta in natura, può rivelare caratteristiche di corpo differenti rispetto ad altri e mutarle dopo le fasi di lavorazione. Il corpo di un caffè fa riferimento alla sua componente palpabile, che conferisce una certa densità e ne denota la personalità in combinata con la sua qualità, ovvero la corposità. Con quest’ultimo termine, o mouthfeel dall’inglese, si definisce la sensazione di pienezza che contraddistingue positivamente un caffè e permette una percezione sferica e rotonda del liquido all’interno del cavo orale. Se il prodotto si presenta sferico, allora la sensazione rimane a lungo sul palato senza alcuna angolosità.
La prova ideale per comprendere la differenza tra corpo e corposità viene dal confronto tra un caffè arabica o robusta naturale con uno lavato. Se i criteri di processamento sono stati rispettati, si noterà la struttura più pesante e densa di un naturale rispetto ad un lavato, che in confronto sarà più delicato e presenterà un mouthfeel che tende a perdurare per un maggior tempo sul palato.
Un altro esempio per definire la tipologia di corpo può essere fatto utilizzando tre bicchieri da riempire con acqua, latte e miele.
Se paragonati tra loro noterete che il corpo nel latte sarà decisamente più morbido rispetto a quello del miele, il quale si presenta a tutti gli effetti viscoso, ma è qualitativamente più elevato rispetto all’acqua. Per certo la consistenza del miele può essere lontanamente paragonata a quella di un espresso, anche se alcuni prodotti estratti da una robusta naturale ricordano la pienezza di un miele; purtroppo non la stessa dolcezza e amabilità.
In questo caso il latte, che si ritrova in mezzo agli altri due campioni, dovrebbe darvi una sensazione di avvolgenza e morbidezza tra la lingua ed il palato e più questo stato durerà dopo averlo bevuto, più la qualità della percezione sarà alta.
Se provate a fare la stessa cosa con l’acqua e il miele, valuterete autonomamente che il primo, oltre a non presentare un corredo aromatico, si presenta debole per quanto riguarda la sua concentrazione, a differenza del miele che ricoprirà completamente il palato, rilevando molto probabilmente una certa pungenza, a volte accompagnata anche da una leggera traccia di amaro.
Se non credete che il miele possa rivelarsi anche un po’ amaro, vi consiglio di acquistare un barattolo di miele di corbezzolo e di assaggiarne il contenuto. Nel caso in cui riusciste a riconoscere la sua particolare sfumatura aromatica, significa che siete dei grandi appassionati di caffè.
Al prossimo sorso!
Marco Bazzara
www.bazzara.it