Ogata Francesca Eri apre ad Otaru, nel 2013, una pasticceria specializzata nei dolci della tradizione veneziana, dopo esser approdata in Laguna, durante un viaggio tra le principali mete dolciarie del nostro Paese. “Tornata in Giappone, l’unico dolce che avrei voluto riassaggiare era la fugassa del signor Franco”, riferendosi a Franco Nono Colussi, che di anni ne conta 86 e tutte le mattine, ancora oggi, si reca nel suo laboratorio a Dorsoduro, a pochi passi dall’Accademia e dal noto Ponte dei Pugni, per realizzare a mano i dolci tipici della sua città. Gli ideogrammi giapponesi sul suo cappello raccontano questa storia.
Dopo aver fatto recapitare diverse lettere al laboratorio per chiedere di poter assistere alla produzione, la giovane tutti i giorni alle 5 si ritrova puntuale in calle Lunga San Barnaba. “Il primo giorno è stata fuori, in piedi, circa 4 ore, poi mia moglie ha insistito con me per farla entrare e l’ho fatta sedere in un angolo – ricorda il pasticciere –. Lei prendeva appunti su tutto, anche sul movimento delle mie mani. Le ho chiesto perché non facesse fotografie e mi ha risposto che non sapeva se poteva. Ha tirato fuori due macchine fotografiche e ha fotografato tutto. Ha imparato a fare i nostri biscotti e ha aperto una pasticceria veneziana. Siamo ancora in contatto e sono andato anche in Giappone”.
Trascorrono 10 anni dalle giornate di formazione a Venezia, quando la giovane apre la sua pasticceria-caffè nell’isola di Hokkaidō, nel Nord del Giappone, sua città natale ed anche luogo riconosciuto per la qualità dei prodotti caseari e del grano.
Il laboratorio di Franco Colussi
Il laboratorio Colussi è specializzato nelle “cose vecchie”. Da 75 anni produce pochi prodotti, tutti della tradizione veneziana: i zaleti, il bussolà forte di Murano, i savoiardi, i buranelli, gli amaretti, i pevarini, oltre ai baicoli, alla focaccia e alle piccole spumiglie. Dolci secchi che un tempo si era soliti inzuppare nel vino di Cipro, oppure nella panna.
In laboratorio sono in tre e rappresentano tre generazioni: Franco, che ha aperto il laboratorio nel 1956, la figlia Linda e la nipote Marina, che a 29 anni conosce già tutti i segreti della pasticceria veneziana. “I baicoli li facciamo con la pasta madre, come sono sempre stati fatti prima che inventassero il lievito di birra – spiega – e continuiamo a tagliarli a mano. Per fare i baicoli ci vogliono 30 ore, come per fare la fugassa, la focaccia veneziana. Ma non è che li impasti e li lasci lì, ogni 3 ore li devi guardare, li devi coccolare”. Il suo lievito sembra essere senza età certa, donatogli quando ancora lavorava in pasticceria da Bonifacio a Murano.
La fugassa e le frittelle veneziane
“Il segreto di fare dolci buoni è che debbano piacere a me, che da 75 anni faccio il pasticciere e ancora li mangio – conclude Franco –. E per essere buono non deve essere grasso, deve essere leggero”.
Diversa dal panettone e dal pandoro, più soffice e si conserva intatta per diversi giorni: la fugassa veneziana è il dolce tipico più conosciuto al mondo, amato anche in Giappone. Non ha canditi, né uvetta e mandorle e, rispetto al pandoro, “nella nostra fugassa c’è pochissimo burro”. Le dosi per la sua preparazione sono riportate in diverse raccolte di ricette edite e disponibili online. Eppure “la dose – come spiega Colussi – è come uno spartito di musica, puoi avere Bach o Beethoven, prendi lo spartito e suoni, ma la maggior parte delle persone non si rende conto che lo spazio tra una nota e l’altra è musica. Seconde solo alla fugassa, per gradimento nel mondo, vi sono le frittelle. “Un matrimonio, un fidanzamento, qualcuno che ti veniva a trovare – racconta il pasticciere – le frittelle erano il segno di una cosa bella, erano il massimo della festa. Ed hanno il buco, anche se si crede che quelle a palla siano le tradizionali”.