L’Unione europea riconosce il marchio Igp per il Cioccolato di Modica
È uno dei prodotti tipici del nostro Paese con una vita storica di grande fascino e che va raccontato con dedizione e precisione. Stiamo parlando del cioccolato di Modica, il più famoso cioccolato non concato al mondo, lucido all’esterno e granuloso al cuore, prodotto con un metodo arcaico, come fanno solo in alcune aziende spagnole e nel Centro America dove è nato.
È l’assenza della fase di concaggio nella lavorazione, unita ad un attento controllo della temperatura di lavorazione degli ingredienti, che evita lo scioglimento dei cristalli di zucchero e conferisce al prodotto la caratteristica granulosità percepibile al palato. Una caratteristica che distingue il cioccolato di Modica da ogni altro cioccolato presente sul mercato.
Prodotto simbolo dell’eccellenza siciliana, da oggi il cioccolato di Modica potrà fregiarsi di un marchio comunitario. L’Unione europea ha, infatti, ufficializzato il marchio Igp per questo cioccolato con la pubblicazione di un disciplinare che ne definisce caratteristiche, ingredienti e procedimento di lavorazione.
Nel documento europeo si legge: “La denominazione ‘Cioccolato di Modica’ designa esclusivamente il prodotto ottenuto dalla lavorazione della pasta amara di cacao con zucchero e con eventuale aggiunta di spezie e/o aromi naturali e/o frutta e/o sale. Al momento dell’immissione al consumo il ‘Cioccolato di Modica’ presenta le seguenti caratteristiche: a parallelepipedo rettangolare con i lati rastremati a tronco di piramide. Peso non superiore a 100 gr. Pasta di colore marrone con evidente granulosità per la presenza di cristalli di zucchero all’interno del prodotto. Visibile eventuale affioramento del burro di cacao sulla superficie esterna”.
La zona di produzione del Cioccolato di Modica è rappresentata dall’intero territorio del Comune di Modica in Provincia di Ragusa, e alla voce “caratteristiche organolettiche”, si specifica: “Dolce con nota di amaro. Percezione di granulosità o sabbiosità. Buona fusibilità in bocca e struttura croccante”.
Il documento europeo continua puntuale nella lista degli ingredienti e delle fasi di lavorazione, dallo scioglimento all’aggiunta di zucchero ed eventuali aromi naturali (specificando altresì “senza che venga a cessare l’operazione di mescolatura al fine di ottenere un’adeguata amalgama e una consistenza omogenea della massa”), dalla porzionatura e immissione del composto in appositi stampi fino alla caratteristica “battitura”, il movimento ritmico del cioccolatiere che batte gli stampi sulla spianatoia in legno in modo da far lentamente fuoriuscire eventuali bolle d’aria dal composto di cacao. “Bastano dieci minuti – spiega Antonino Scivoletto, Direttore del Consorzio Cioccolato di Modica – e si possono sfornare le barrette e spezzarle, in modo da controllare che la consistenza sia proprio quella giusta: lucidissima all’esterno e granulosa nel cuore”. Dopo il raffreddamento del cioccolato, si procede alla sformatura e il confezionamento dev’essere effettuato entro dodici ore dal raffreddamento.
Nel documento non mancano le indicazioni per l’etichettatura ed una specifica del logo, che riporta la “Valata ra ciucculata” e il “pistuni”, ovvero rispettivamente lo spianatoio a mezzaluna e il mattarello cilindrico in pietra usati tradizionalmente nella lavorazione a mano della massa di cacao.
Il Cioccolato di Modica
Fin dal ’700 il cioccolato di Modica veniva realizzato presso le famiglie nobili della città di Modica ed sistono numerosi documenti che testimoniano un’attività produttiva intensa. Le carte d’archivio del nobile casato dei Grimaldi, insediatosi a Modica nel XVI secolo, in particolare, documentano la dolce fabrilità della capitale dell’antica Contea, dove «cicolateri», già nel 1746, manipolavano aromatiche cotte di cacao. Verso la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento i caffè di Modica si trasformano in veri e propri laboratori di produzione del cioccolato.
Le caratteristiche organolettiche del cioccolato di Modica derivano dal metodo di lavorazione, dall’assenza di burro di cacao (o di altri grassi vegetali) e della fase del concaggio, ovvero il lungo rimescolamento e riscaldamento della massa ad alte temperature messo in opera al fine di rendere il composto fluido e i grumi di dimensioni impercettibili con la lingua.
Antonio Scivoletto spiega che il metodo antico di lavorazione del cioccolato di Modica prevedeva che le fave venissero prima tostate e poi passate su uno spianatoio in pietra lavica, alimentato a fuoco vivo affinché la temperatura della superfice rimanesse costante al di sotto dei 40-42°. Grazie al calore le fave rilasciavano la parte grassa, dando vita al cosiddetto liquore di cacao.
Secondo il rituale di preparazione, a questo punto il cioccolatiere aggiungeva lo zucchero, in una percentuale massima del 50%, ma solitamente più bassa. “Quello dell’incorporazione tra zucchero e liquore di cacao è un processo lungo, che richiede molta pazienza, la fusione non deve mai essere completa, il sapore tipico del cioccolato modicano è dato proprio da questa caratteristica”, specifica Scivoletto. Scioltosi lo zucchero, era la volta degli naturali come vaniglia o cannella; il cioccolato veniva quindi fatto lentamente solidificare, arrotolato prima e porzionato poi in panetti da 100 g. I panetti venivano inseriti nelle formelle – di latta un tempo, oggi in policarbonato -, posizionate su una grande spianatoia di legno. È a questo punto che avveniva la fase più tipica dell’intera lavorazione del cioccolato di Modica, la battitura, ovvero i rapidi e ritmici scuotimenti manuali degli stampi.