Dal 1500 è rimasta sostanzialmente invariata e realizza i principi universali di armonia e rispetto, purezza e serenità, in sintonia con lo spirito Zen, inteso quest’ultimo come modo di essere.
Stiamo parlando della cerimonia del tè come vuole la tradizione giapponese, un rito che esalta l’armonia e il rispetto per le piccole cose. Sapientemente messo in scena da Michiko Nojiri, direttrice del Centro Urasenke di Roma, ospite per una dimostrazione alla stampa la scorsa settimana del Museo dell’Ara Pacis, in occasione della personale dell’artista Hokusai.
Per il nostro tè, Michiko ha scelto un matcha, ma dimenticate pure le consuete chiacchiere con gli ospiti. La tradizione giapponese affida agli attori del cerimoniale un copione condiviso fatto di tempi stabiliti e movimenti doviziosi: nel versare l’acqua nella tazza e prepararla ad accogliere la polvere verde, nel riporre i coperchi, nell’offrire la tazza agli ospiti, come pure nel piegare un fazzoletto oppure semplicemente nel riporre un piccolo mestolo in legno sul recipiente di acqua bollente.
L’intero rito è quasi tutto incentrato sulla tazza che gli ospiti si scambiano, spesso di fattura raku; la bevanda viene servita prima alla persona che possiede una maggiore esperienza di vita o conoscenza del rituale, e si beve uno alla volta.
Condividere il silenzio ed osservare Michiko ci ha fatto riscoprire un’altra dimensione del tè. La bevanda tanto conosciuta affascina in questo caso perché parte di un “disegno” antico, una comunicazione non verbale in cui gli oggetti stessi vivono lo spazio e danno significato ai rapporti interpersonali.
Ecco perché, codici di lettura presi in prestito dalla prossemica a parte, il tè può essere un’occasione per “sentire” e comunicare con il corpo e insegnare ad approcciarsi agli altri e agli oggetti in piena armonia.
Un’ultima curiosità… gli ideogrammi in foto, alle spalle Michiko, vanno letti da destra a sinistra (armonia e rispetto per noi stessi e per la natura); quelli più piccoli vanno letti dall’alto verso il basso (purezza dell’ambiente, dell’interiorità e degli oggetti, e serenità).
Chiara Mancusi