Nell’immagine di copertina la Mole Antonelliana sembra esplodere in mille cubotti di cioccolato e non è un caso.
Gli organizzatori di Cioccolatò preannunciano un vero e proprio exploit per il prossimo appuntamento, a Torino dal 20 al 29 novembre.
In programma, incontri con esperti del settore, attività culturali ed animazione per l’intera durata dell’evento, per vivere la tradizione e l’artigianato dolciario piemontese e valorizzare anche i prodotti delle più importanti firme del dolciario italiano.
Al ricco emporio del cioccolato i visitatori potranno scegliere fra migliaia di referenze proposte, di piccoli artigiani, di medie e grandi imprese dolciarie nazionali ed internazionali. L’area Boutique offrirà una raffinata selezione per i palati più esigenti ed Equochocolate il cioccolato equo e solidale.
Organizzato con il patrocinio della Città di Torino, della Città Metropolitana di Torino, della Regione Piemonte, di Unioncamere Piemonte e della Camera di Commercio di Torino, Cioccolatò si avvale anche del contributo di importanti associazioni di categoria presenti sul territorio. Fra queste, la Confederazione Pasticceri Italiani, che gestirà e promuoverà le attività del Polo Didattico in Piazza San Carlo ospitando laboratori per adulti e bambini, degustazioni guidate e corsi di cucina e pasticceria a tema. Il Presidente Conpait, Federico Anzellotti, il delegato regionale Alessandro Del Trotti e la nota cake designer torinese Elena Bosca, proprietaria di Dear Wendy in pieno centro cittadino, si alterneranno alla guida dei laboratori. Inoltre, grazie alla collaborazione con AIC, Associazione Italiana Celiachia Piemonte Valle d’Aosta, sarà possibile partecipare ai laboratori di pasticceria gluten free.
In piena atmosfera torinese, ci sarà la Disfida del Bonét. Organizzata da Slow Food Piemonte Valle D’Aosta, la gara culinaria vedrà competere accanto ai professionisti, anche semplici appassionati che prepareranno la personale versione del tradizionale dolce piemontese al cucchiaio: un budino con cacao e amaretto bagnato col rum.
Una curiosità
Due sono le etimologie prevalenti attribuite al termine bonèt.
Secondo la prima, accreditata dal Vocabolario piemontese/italiano di Vittorio di Sant’Albino (1859), indica un cappello o berretto tondeggiante, la cui forma ricorda quella dello stampo di rame in cui si cuocevano i budini e i flan e che veniva chiamato bonèt ëd cusin-a cioè cappello da cucina, berretto del cuoco.
Secondo l’interpretazione diffusa nelle Langhe, il nome richiama il cappello perché il dolce veniva servito alla fine del pasto: come si indossa il cappello da ultimo prima di uscire, così si mangiava il bonèt a fine pasto: a cappello di tutto il resto.