I presidi #dolci Slow Food nelle foto di Oliviero Toscani

Caffè selvatico di Harenna, vecchio cartucciaru di Paceco, manna delle Madonie, Cola di Kenema.

Sono stati il nutrimento principale di particolari aree nel mondo, sono prodotti ad alto valore nutritivo, valide e possibili alternative, dolcificanti naturali, o veri e propri simboli nella cultura di alcune popolazioni. Oggi rischiano di scomparire.
Dai quattro angoli della Terra, i cibi in estinzione arrivano al pubblico ritratti in scatti fotografici d’autore, nei colori e nelle forme regalataci dalla natura, firmati Oliviero Toscani, che ha collaborato con Slow Food per promuovere la nuova cultura del cibo, la tutela della biodiversità e dei saperi produttivi per un approccio etico e sostenibile.
Le foto, esposte anche in occasione dello scorso Salone del Gusto di Torino, rappresentano il ritratto di alcune coltivazioni che non prestandosi alla produzione intensiva andrebbero ad estinguersi, ma rappresentano altresì il ritratto del nostro tempo e della situazione attuale che vedrà “morire” certe colture.

Ecco alcuni presidi #dolci Slow Food.
La mandorla californiana coltivata con metodi industriali e irrorata di antiparassitari e antimuffe, morbida e facile da lavorare, si è imposta sui mercati mondiali a prezzi insostenibili per le varietà autoctone. I biscotti di Ceglie (Puglia) sono i dolcetti preparati con le sole mandorle del posto.
Negli anni molti alberi di fico nell’alto Salento sono stati espiantati per ampliare invece uliveti e vigneti, mettendo a rischio la sopravvivenza dello splendido paesaggio rurale e del Fico mandorlato di San Michele Salentino (Puglia). IlPresidio riunisce i coltivatori e produttori di fichi mandorlati, per tutelare, oltre all’antico dolce tradizionale di San Michele Salentino, la biodiversità agricola delle campagne e il paesaggio rurale.
Al palato prevale il suo sapore zuccherino, poco mitigato dalla nota di anice. Il fico secco di Carmignano (Toscana) si può consumare come antipasto o più tradizionalmente come dolce di chiusura.
Leggere e spugnose, quasi insapori, le stalattiti di manna delle Madonie (Sicilia) rappresentano un naturale dolcificante a basso contenuto di glucosio e fruttosio con proprietà depurative.
Si utilizza per le granite e per il gelato, poco alla volta rischia di scomparire dai campi: il vecchio cartucciaru di Paceco (Sicilia), antico melone dalla forma allungata, con l’estremità un poco ricurva, una buccia liscia e gialla, ed una polpa bianca e succosa.
Nel mondo esiste Cola di Kenema (Sierra Leone), un frutto della stessa famiglia del cacao rinomato per consistenza e sapore, usato durante le cerimonie per dare il benvenuto agli invitati o come simbolo di amicizia.
Cresce spontaneamente a 1800 metri di altezza nella foresta di Harenna, in Etiopia, il caffè selvatico, principale fonte di reddito dei contadini e simbolo di ospitalità, amicizia e rispetto.
In Tajikistan il gelso del Pamir viene consumato fresco o trasformato in sciroppi e confetture, fino al 1997 il principale nutrimento della popolazione locale.
Se tostata la noce di barù è simile alle arachidi ed è la base di dolci e oli; con un alto valore nutritivo e proteico, è l’alimento centrale per la dieta degli agricoltori in Brasile.
Le donne delle comunità macedoni preparano il dolce Slatko con fichi selvatici per offrirlo agli ospiti in segno di benvenuto.
Dalla bacca morbida e profumata, la vaniglia della Chinantla (Messico) viene coltivata nuovamente dagli anni ’90 come alternativa al caffè, su cui si basava l’economia delle famiglie della zona.

www.fondazioneslowfood.it

www.fondazioneslowfood.it/olivierotoscani/#

{AG}gallery/Oliviero_Toscani_Slow_Food{/AG}