La presenza di ocratossina A è stata ricercata in 40 campioni di polveri di cacao, da agricoltura tradizionale e biologica. Il 18% dei campioni sono risultati esenti dalla tossina.
Negli altri, i livelli di contaminazione oscillavano tra 0,1 e 3 g/kg. Due campioni hanno superato il limite di 2 g/kg suggerito da una Circolare del Ministero della Salute. Per quanto attiene i livelli di contaminazione non sono state osservate differenze significative tra i prodotti tradizionali e biologici.
INTRODUZIONE
Le micotossine sono metaboliti secondari fungini e rappresentano un rischio per la salute dei consumatori ed un grave problema economico per i produttori. Tra le varie micotossine, l’ocratossina A (OTA) è una delle maggiormente diffuse e pericolose. OTA è un derivato dell’isocumarina legata tramite il gruppo carbossilico alla L-ß-fenilalanina (fig. 1), con attività cancerogena, nefrotossica, teratogena e immunotossica, ed è prodotta da diverse muffe appartenenti ai generi Aspergillus e Penicillium entrambi in grado di svilupparsi su una grande varietà di substrati e in differenti condizioni. Questa tossina è sospettata di essere coinvolta nell’eziologia di nefropatie (Balkan Endemic Nephropathy, BEN, e Chronic Interstitial Nephropathy, CIN) e dell’insorgenza di tumori del tratto uroteliale urinario (O’Brien & Dietrich, 2005) e l’International Agency for Research on Cancer l’ha inserita nel Gruppo 2B, come possibile cancerogeno per l’uomo (IARC, 1993).
Le maggiori fonti di assunzione di OTA con la dieta sono i cereali, seguiti da vino, spezie, caffè, mosto, succo d’uva, prodotti lattiero-caseari, cacao, birra, frutta secca (Jorgensen, 2005).
Il cacao è il prodotto della fermentazione e lavorazione delle fave estratte dal frutto (cabossa) dell’albero del cacao (Theobroma cacao L.). La produzione di fave di cacao è concentrata principalmente in Africa, Asia e America del Sud mentre i maggiori utilizzatori sono Europa e Stati Uniti (tab. 1). La presenza di funghi potenziali produttori e di OTA può verificarsi lungo tutta la catena produttiva (raccolta, fermentazione, essiccazione, stoccaggio, trasformazione).
Oltre che della determinazione di OTA in cacao e derivati (tab. 2) e della sua assunzione mediante la dieta (Miraglia & Brera, 2002; Verger et al., 2005) vari Autori si sono occupati dell’aspetto micologico (Morioka et al., 2006; Pardo et al., 2006; Copetti et al., 2006), tecnologico (Magan & Aldred, 2005; Amézqueta et al., 2005; Raters & Matissek, 2005) e analitico (Hurst & Martin, 1998; Brera et al., 2005; Brera et al., 2006).
Nell’Unione Europea non sono stati fissati tenori massimi di OTA nel cacao e nei prodotti a base di cacao (Regolamento CE 1881/2006) anche se verrà valutata l’opportunità di stabilirli tenendo conto del parere scientifico dell’EFSA che ha indicato una dose settimanale tollerabile (Tolerable Weekly Intake, TWI) di tossina pari a 120 ng/kg di peso corporeo (EFSA, 2006). Per quanto riguarda la regolamentazione della presenza di OTA nelcacao e nei prodotti a base di cacao l’Expert Committee “Agricultural Contaminants” ha suggerito il limite di 2 µg/kg per le materie prime e di 1 µg/kg per i prodotti finiti (Working Document, 2003); in Italia una Circolare del Ministero della Salute ha proposto il limite di 2 µg/ kg per il cacao in polvere e di 0,5 µg/ kg per il cioccolato (Ministero della Salute, 2003). Scopo del presente lavoro è stato quello di valutare i livelli di ocra tossina A in cacao in polvere prodotto largamente utilizzato, anche a livello domestico, come ingrediente per bevande, dolci e dessert.
MATERIALI E METODI
La presenza di ocratossina A è stata determinata in 40 campioni di cacao in polvere, amaro o zuccherato, reperiti in Italia nella normale rete distributiva o nei negozi del “Commercio Equo Solidale”; sono stati inoltre analizzati 3 campioni di preparati per “budino al cioccolato”. Nella tab. 4 è riportato l’elenco dei campioni.
Le informazioni riguardanti la provenienza e le pratiche colturali sono state desunte dall’etichettatura delle confezioni; circa nel 50% dei campioni venivano riportate anche informazioni nutrizionali. Di ogni campione sono state prelevate tre unità campionarie per lotto che sono state accuratamente miscelate prima del prelievo delle aliquote da analizzare; l’estrazione della tossina è stata eseguita in triplo.
METODO
15 g di campione sono stati estratti con 200 mL di una soluzione acquosa di NaHCO3 1% omogeneizzando in Waring Blender per 2 min. La sospensione è stata centrifugata per 20 minuti a 5.000 g a 4°C e il surnatante filtrato su carta Whatman 4; 60 mL di filtrato sono stati addizionati di 30 mL di Phosphate Buffer Saline (PBS) prepara to con 0,20 g di KCl, 0,20 g di KH2PO4, 2,92 g di Na2HPO4 •12H2O e 8,0 g di NaCl il tutto portato a litro con acqua per HPLC e a pH 7,4.
La purificazione è stata effettuata usando colonne ad immunoaffinità Ochraprep (R-Biopharm Rhône LTD, Glasgow, UK) operando secondo le indicazioni del produttore e regolando il flusso mediante un’unità per vuoto Resprep SPE Manifold Vacuum Unit (Restek, Bellefonte, USA).
La tossina è stata eluita con 3 mL di una soluzione di metanolo:acido acetico (98:2) utilizzando la tecnica del backflushing per 3 volte.
Dopo allontanamento del solvente in corrente di azoto il residuo è stato ripreso con 200 µL di soluzione eluente per HPLC composta da sodio acetato 4 mM/ acido acetico (19:1):acetonitrile (60:40) e iniettato immediatamente. L’identificazione e la quantificazione sono state effettuate mediante cromatografia in fase liquida utilizzando un cromatografo Perkin Elmer Series 200 Liquid Chromatograph (Perkin Elmer Corp., Norwalk, USA), dotato di loop da 20 µL, con rivelatore spettro fluorimetrico Perkin Elmer Fluorescence Detector Series 200, posizionato alle lunghezze d’onda di 333 nm per l’eccitazione e di 460 nm per l’emissione e collegato ad una TurboChrom Perkin Elmer workstation.
È stata utilizzata una colonna Supelcosil LC-18 N. 5-8230, 5 µm (15 cm x 4,6 mm), munita di precolonna Supelcosil Cartridge LC-18 (2 cm x 4,6 mm) (Supelco Inc., Bellefonte, USA) operando in condizioni isocratiche con un flusso di 1 mL/min, il tempo medio di ritenzione della tossina era di 11,8 minuti (RSD % = 0,4) calcolato iniettando 10 volte la soluzione standard di lavoro nell’arco della giornata.
Lo standard di OTA è stata acquistato dalla Sigma (St. Louis, USA) e i reagenti e i solventi per cromatografia liquida dalla Baker (Deventer, NL). La soluzione madre è stata preparata a partire dalla tossina cristallina, secondo i metodi ufficiali della AOAC International (1995); le soluzioni di lavoro per la costruzione della retta di calibrazione sono state preparate per successive diluizioni in opportuno solvente; prima dell’analisi HPLC le soluzioni sono state portate a secco sotto corrente di azoto e riprese con la fase mobile.
Campioni di polvere di cacao, amaro e zuccherato, con livelli di OTA inferiori al LOQ sono stati addizionati di quantità note di tossina (0,5-2,0-5,0 µg/kg) ed estratti in triplo per valutare il recupero del metodo.
RISULTATI
La risposta del sistema HPLC è risultata lineare nell’intervallo di concentrazione compreso tra 0,2 e 100 ng/mL (coefficiente di correlazione 0,999) (fig. 2). Il limite di rilevabilità (LOD) e il limite di quantificazione (LOQ), determinati analizzando più volte campioni contenenti bassi livelli di tossina, sono risultati pari a 0,03 e 0,1 µg/kg rispettivamente. Nella tab. 3 sono riassunti i risultati relativi alle prove di recupero.
Nella tab. 4 sono riportati i livelli di ocratossina rilevati nei campioni analizzati.
I valori osservati, non corretti per il recupero, oscillavano tra 0,10 e 3 µg/kg in 33 dei 40 campioni; nei rimanenti 7, pari a circa il 18%, il livello di OTA era inferiore al LOQ. La fig. 3 riporta la distribuzione dei campioni in base ai livelli di tossina. Per evidenziare eventuali influenze dovute ai sistemi di coltivazione sono state confrontate sia la frequenza di campioni contaminati, sia i livelli di OTA rilevati nei prodotti da agricoltura convenzionale e biologica.
Le percentuali di campioni positivi fra i campioni di cacao da agricoltura convenzionale e biologica, utilizzando il test ?2 per = 0,01, non sono risultate differenti statisticamente; altrettanto non significative sono risultate, mediante il test non parametrico “Kruskal-Wallis”, le differenze di concentrazione fra le due categorie di prodotto.
Per quanto concerne i tre preparati per budino al cioccolato, di tre differenti produttori, i livelli di OTA riscontrati sono risultati pari a 0,31±0,03 e 0,28±0,03 µg/kg rispettivamente per i campioni commercializzati nella normale rete distributiva e di 0,22±0,02 µg/kg nel campione venduto tramite il Commercio Equo Solidale e in cui il cacao proveniva dal Brasile.
CONCLUSIONI
Il commercio del cacao rappresenta un’importante fonte economica per le nazioni dell’Asia, Africa e Sud America produttrici di questa derrata ove non sempre le condizioni igieniche e le tecnologie risultano adeguate. La tossina può essere presente nelle fave di cacao e la sua incidenza è condizionata dallo stato fitosanitario della derrata e dalle condizioni climatiche al momento della raccolta e della trasformazione. Le pratiche attuate durante la fase iniziale del processo possono essere quindi molto critiche relativamente all’eventuale presenza di OTA. È stato evidenziato che la maggior parte dell’OTA che contamina le fave è nella frazione delle bucce che non viene consumata.
Durante il processo industriale le prime fasi di lavorazione prevedono l’essiccamento e la separazione delle bucce dalle fave per ottenere la granella di cacao. Il trattamento di decorticazione comporta una diminuzione della tossina che può essere maggiore del 95% (Amézqueta et al., 2005); i passaggi successivi della trasformazione a prodotto finito non sembrano influenzare la rimozione o la distruzione della micotossina.
La CAOBISCO/ECA/FCC (COABISCO Association of the Chocolate, Biscuit & Confectionery; ECA European Cocoa Association; FCC The Federation of Cocoa Commerce Ltd) nel 1999 ha avviato un progetto per valutare le condizioni che
favoriscono la produzione di OTA e i sistemi atti a ridurne la produzione rilevando che i prodotti a base di cacao presenti sul mercato europeo, analizzati nell’ambito della ricerca, erano generalmente contaminati a livelli molto contenuti (Gilmour & Lindblom, 2006).
In Europa il livello di esposizione all’OTA è compreso fra 15 e 60 ng/kg di peso corporeo alla settimana (EFSA, 2006) e la fonte fonte principale è rappresentata dai cereali.
Il cacao e i prodotti a base di cacao costituiscono un componente minore della dieta e apportano circa il 4-6% dell’OTA assunta tramite gli alimenti; inoltre per quanto concerne la polvere di cacao essa non è generalmente consumata tal quale ma è utilizzata per la preparazione di bevande a base di cacao, polvere di cacao zuccherato e come ingrediente di prodotti dolciari.
La contaminazione delle polveri di cacao considerate è risultata generalmente bassa anche se frequente; solo due hanno superato il livello di 2 µg/ kg limite proposto dal Ministero della Salute (2003). I livelli di OTA suggeriscono che l’utilizzo di queste polveri non rappresenti un reale rischio per la salute dei consumatori; infatti considerando un valore medio di contaminazione pari a 0,5 µg/kg ed un consumo di prodotti a base di cacao di circa 20 g/die l’appor to di tossina mediante questi alimenti, per una persona di 60 kg, sarebbe intorno all’1% di quanto settimanalmente tollerabile.
È da ricordare tuttavia che i prodotti a base di cacao trovano nei bambini dei grandi consumatori per cui necessitano di una particolare attenzione circa la presenza di contaminanti.
Per chi fosse interessato, è disponibile la bibliografia facendone richiesta a info@pasticceriainternazionale.it
Angela Vecchio
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche – Università degli Studi di Milano
Carlo Finoli
Dipartimento di Ingegneria e Tecnologie Agro-Forestali Università degli Studi di Palermo